JUDO TRADIZIONALE - Judo Educazione - Scuola di judo kodokan - Genova

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Il Judo
Proposta di un metodo educativo


Inquadramento storico

La storia del Giappone si può dividere in almeno dieci epoche (dal 660 a.c. ad oggi), ognuna caratterizzata da particolari avvenimenti storico-politico-culturali.
Il Judo si sviluppa in Giappone circa vent’anni dopo la restaurazione Meji (penultima di queste epoche che va dal 1868 al 1912), momento che segna l’abbattimento dello shogunato e la ricostituzione del potere imperiale.
Prima del 1868 persisteva in questo paese una struttura di tipo feudale, caratterizzata da un isolamento completo dal resto del mondo, in cui si alternavano momenti di pace a momenti di lotte furibonde.
Dopo questa data il Giappone colma i ritardi che lo separano dall’Occidente e diventa una potenza mondiale; l’imperatore, ricostituito, abolisce lo shogun (generalissimo, capo del governo) ed i feudi, promuovendo una politica aggressiva nei confronti di altre nazioni confinanti (guerra con la Cina nel 1894, con la Russia nel 1904) fino alla partecipazione alla seconda guerra mondiale (1941-1945).


Che cos’è il Judo

In questo fervore di idee, di rivoluzioni economiche e sociali per costituire uno stato moderno che sapesse avere peso tra le nazioni all’avanguardia nel modo, si inserisce la figura di Jigoro Kano.
Ottimo studente, poi professore, in seguito funzionario della Pubblica Istruzione. Intellettualmente un pedagogo e nel privato il creatore del Judo, seppe fondere funzioni ed idee per promuovere tra la gente il concetto di Via (Tao, Do) cioè la certezza di diventare migliori.
Jigoro Kano promosse l’importanza dell’educazione, in senso assoluto, nello sviluppo dell’essere umano.
Egli partiva dall’osservazione che se mettiamo insieme bambini di diversa estrazione sociale, politica o religiosa, questi istintivamente giocano insieme, mentre vent’anni dopo, ritrovandosi, possono arrivare ad uccidersi in nome di un credo. Cos’è successo in questi vent’anni nei bambini che sono diventati uomini e donne?
E’ stata data un’educazione di parte, di gruppo che invece di unire ha diviso ancor più gli esseri umani.
Il Prof. Kano proseguiva dicendo che se noi diamo nell’età formativa del bambino un principio morale universale, che potenzi il senso sociale e controlli quello egoico, nell’idea che siamo su questo mondo tutti insieme per crescere e progredire, in seguito avremo uomini e donne che discuteranno, com’è giusto per l’affermazione delle idee ma non si uccideranno più.
Attraverso il Judo egli voleva dare l’esempio di come, applicando il principio morale espresso come “Tutti insieme per crescere e progredire con il Miglior impiego dell’energia” si potesse trasformare un’arte egoica quale era il Ju Jitsu di fine secolo in Giappone, finalizzato solo a diventare più forti, in un metodo educativo volto alla crescita armonica di un essere umano, puntualizzando il fatto che non tutti al mondo dovevano fare Judo per acquistare il principio morale, ma che tale principio morale fosse promosso in scuole, oratori, boy scout dovunque ci fossero dei giovani da educare.


La struttura del Judo

Premessa

Il Judo è la Via del Miglior impiego dell’energia

Vi è un’apparenza, una superficialità che è rappresentata dalla pratica fisica in materassina: ginnastica, cadute, tecnica, allenamento libero. Vi è poi una parte più profonda da ricercare – obbiettivo ultimo del Judo – che alimenta ogni gesto, ogni pensiero, ogni sentimento.
Corpo, mente e cuore.
Tutto parte dal concetto di unificare le tre componenti fondamentali dell'essere umano in una direzione che in questo caso è indicata dal principio morale del "Migliore impiego dell'energia e tutti insieme per crescere e progredire".
Secondo Jigoro Kano la parte che richiede più tempo per comprendere è il corpo.
Esso, a differenza della mente e del cuore, impiega anni per essere condotto ad una comprensione, ad una unificazione. Questo il motivo per cui nel Judo si comincia dal corpo.
L'Occidente non ha saputo (o voluto?) cogliere questa sfumatura ed in maniera categorica, considerando esclusivamente l'impegno fisico, ha classificato il Judo come uno sport, tralasciando il contenuto educativo in esso presente.
Non è concepibile secondo noi bianchi, che pure qualche tradizione abbiamo, che una via per crescere e migliorare come individui, ponga le basi su una pratica fisica, convinti del fatto che corpo, mente e cuore abbiano i loro rispettivi campi d'azione (lo sport, la scuola, le religioni) specifici ed indipendenti. Eppure tutte le pratiche di ascesi, pur di diversa tradizione e cultura, partono dall'idea che il corpo sia la prima cosa di cui occuparsi, poiché quando un essere umano non è unificato si verificano incoerenze, malattie, e tutta una serie di negatività (a livello conscio e inconscio) che possono far perdere tempo ed energia.

"La Via. Bisognerebbe scoprire il Judo praticando, ma occorrono sincerità e passione che non tutti hanno. L'insegnamento silenzioso consiste nel contagiare l'allievo con questa qualità. Così la direzione della Via è indicata dal Maestro e al praticante è richiesto solo l'entusiasmo".


La struttura del judo

Visto nella sua struttura interna, il Judo presenta dei punti, delle tappe, attraverso cui un individuo deve passare per rendere completa la propria formazione, e percorrendo la strada del "Dare", giungere ad un'espansione di coscienza, ad una comprensione superiore della realtà, dell'Universo.

In pratica:

Rei no kokoro= Lo spirito del rispetto
Waza= La tecnica
Kime= L'intenzione che guida l'energia
Keiko= Il duro allenamento
Randori= Concentrazione sul fare Ippon
Shiai= Combattimento
Kata= Espansione di coscienza

Questo schema di sette punti è lo stesso che Patanjali (1) riporta nell'astanga yoga (lo yoga in otto parti) con la differenza che il primo punto è suddiviso in due parti:

Yama= Le varie forme di astensione dal male
Niyama= Le varie osservazioni
Asana= Le posizioni
Pranayama= Controllo del prana (energia dell'Universo)
Pratyahara= Il ritiro della mente dall'oggetto dei sensi
Dharana= Concentrazione
Dyana= Meditazione
Samadhi= Illuminazione


Rei non kokoro (2) lo spirito del rispetto (nello yoga Yama e Niyama) altrimenti espresso come il senso del dovere, fare quello che c'è da fare in armonia con l'Universo che permea ogni altro punto e che richiede di aver approfondito alcuni stati quali serenità, certezza, entusiasmo, mu shin (l'attenzione costante).

Waza (nello yoga Asana) è la tecnica, definita come "la fanteria, l'umile regina della battaglia che conquista il terreno passo a passo", l'addestramento del corpo per poter praticare senza incidenti. Per apprenderla si ricorre ad un gradiente: iniziando dalla forma, che è più universale possibile, si giunge alla non forma, ovvero alla creatività massima che un individuo può esprimere.

Kime (nello yoga Pranayama) è l'intenzione che guida l'energia ed il punto d'arrivo della tecnica prodotta da un judoista che ha purezza (non avere controintenzioni) e sincerità (essere totalmente nella cosa).

Keiko (nello yoga Pratyahara) è il distacco dai sensi, il duro allenamento che nel Judo fa smettere di pensare, unifica corpo, mente e cuore in un gesto che è in armonia con il presente, è "qui e ora".

Randori (nello yoga Dharana) è concentrazione sul fare Ippon, ovvero si cerca di dare tutto se stessi in un gesto portando una tecnica magistrale senza controintenzioni nell'azione.

Shiai (nello yoga Dyana) è il combattimento, la gara, che se intesa in un certo modo, permette di provare lo stato di "mu shin" (3), della mente vuota.

La gara di Judo che oggi si è diffusa, sfrutta un regolamento che predilige l'astuzia dalla mente a quella del corpo, la preparazione atletica esasperata alla ricerca della tecnica magistrale, che ha come scopo quello di vincere a tutti i costi a scapito della sincerità e della nobiltà del combattimento.

Infine Kata (nello yoga Samadhi) un insieme di forme codificate che, relativamente ai principi che esprimono, rappresentano l'espansione di coscienza, quel salto nell'evoluzione dell'essere umano che porta ad una comprensione superiore dell'Universo, della realtà e, per quanto sia possibile esprimere a parole, ad essere in armonia con il Tutto.

Waza, Kime, Keiko rappresentano il Judo inferiore: ovvero le basi attraverso le quali si insegna a combattere (le negatività) e si fa educazione fisica (essere sani per essere utili), pur rimanendo chiaro l'obbiettivo che è il principio morale.

Randori, Shiai, Kata sono il Judo superiore, attraverso cui il judoista evoluto si addentra in stati mentali profondi e sperimenta livelli superiori di coscienza in cui lo "stato del Dare" (4) è sempre più incondizionato, assoluto, senza oggetto, al di là di tempo e spazio.


Un altro schema (sotto rappresentato) può rappresentare la struttura del Judo come quella di una casa le cui fondamenta rappresentano l'insegnare a combattere, ovvero potenziare con l'allenamento di attacco-difesa quelle doti che erano del guerriero (coraggio, purezza, sincerità, fede nell'ideale, volontà) per affrontare le negatività della vita (noia, abitudine, ignoranza, invidia); le pareti l'educazione fisica nell'idea di essere sani (a livello di tendini, legamenti, di coordinazione, intenzione nel gesto ed armonia) per essere utili; il tetto, previsto sin dalle fondamenta, rappresenta il principio morale del Miglior impiego dell'energia e tutti insieme per crescere e progredire, obbiettivo reale ed ultimo del Judo.

"L'Universo. Ji-ta-kyo-ei: tutti insieme per crescere e progredire significa inizialmente lavorare nel gruppo, poi contribuire alla società quindi partecipare alla vita intera e infine confondersi con l'Universo (Itzuztzu-no-kata)".


                                                                                                          
Struttura del Judo: come la costruzione di una casa

                                    
Note al testo

1) Uno dei diciotto siddha (nella tradizione indiana quei maestri che hanno raggiunto la perfezione, il Samadhi, la comunione con l'Universo) colui che ha compiuto l'opera classica "Yoga Sutra".


2) Un primo livello di spirito del rispetto che si incontra nella pratica del Judo si ha quando, facendo il saluto prima di iniziare la lezione, ci si pone in uno stato di attenzione superiore proprio di chi vuole diventare migliore (rispetto per il Tutto); poi durante il riscaldamento si pone l'attenzione sul corpo curandone vari aspetti; coordinazione, preparazione tendinea, muscolare e legamentosa (rispetto del corpo); successivamente studiando le cadute si cura il rispetto verso se stessi cercando di rendersi liberi e disponibili fisicamente e mentalmente (è solitamente nuovo per un principiante, abituato ad agire prevalentemente in due dimensioni, avanti-dietro e destra-sinistra, rapportarsi con una terza dimensione verticale); infine rispetto per l'altro dove, iniziata la pratica del Judo vera e propria, si cerca di immedesimarsi in chi si ha di fronte per potergli dare quello che serve a crescere.

Ad esempio nello studio di una tecnica o nel randori si pongono delle difficoltà più o meno grandi a seconda del grado di abilità e comprensione del compagno, sempre superabili ma con un po' di fatica; questo, espresso come: "Io aiuto te, te aiuti me" è la scintilla da cui inizia la comprensione di quell'idea che è tutti insieme per crescere e progredire ma intelligentemente.


3) Nella meditazione si distingue tra lo "stato "e il "flusso".

Lo "stato" è una maniera di essere, come essere alti o bassi, maschi o femmine, buoni o cattivi, che non conosce pause, sempre presente.

Il "flusso" è un flusso di pensiero incostante, che va e viene nell'essere umano secondo diversi fattori (ambiente, educazione, carattere).

Nel Judo si cerca lo "stato" ovvero la comprensione in corpo, mente e cuore di un'idea (l'idea di serenità, di gioia, entusiasmo, attenzione, del miglior impiego dell'energia).


4) Nel Judo si impara a "dare".

- Prima si dà tutto se stessi al Judo: è il momento delle grandi sudate, del Kan geiko e dello Shoku geiko (allenamento speciale d'inverno e d'estate), in cui non si concede niente alla mente, alla stanchezza e solo il Maestro eventualmente può fermarci.

- Poi si da tutto se stessi con il Judo: quando ci impegniamo ad essere degli ottimi uke (colui che subisce l'azione), concentrati nel trasmettere ciò che è stato appreso con il duro allenamento.

- Altro punto è dare tutto se stessi agli altri: il Judo viene portato nella vita, nei rapporti sentimentali, nell'ambito del lavoro, in famiglia, con gli amici.

- In ultimo c'è lo "Stato del Dare": quando il "dare" è diventato un modo di essere, in cui non c'è più oggetto, tempo o spazio particolari o privilegiati.

 
La tradizione è salvaguardia del fuoco, non adorazione della cenere (Gustav Mahler)

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